Animali da Pub

Pensieri in libertà dal lato sbagliato del bancone

Quante spine deve avere un publican?

Da dietro il bancone si ha un punto di osservazione privilegiato per capire alcune dinamiche che ricorrono dentro un pub e che, per forza di cose, il cliente non può cogliere. Tra i vari esempi possibili vi è la consapevolezza di quali tipologie di birra non possono mancare per tirare avanti e soddisfare il maggior numero possibile di clienti. Eccovi la lista di quelle che, secondo me, sono imprescindibili per garantire un’offerta in grado di coprire adeguatamente la quasi totalità delle richieste.

Una bionda, una rossa, una doppio malto

Circa la metà dei clienti, pur entrando in un locale che serve birra artigianale, non ha nessuna intenzione di allontanarsi dalle sue abitudini. In genere cerca una bionda, una rossa o una doppio malto avendo in testa una heineken, una moretti rossa e una tennent’s super. Queste tipologie (che pur non rappresenato stili propriamente detti e sono privi di significato per un bevitore consapevole) sono fondamentali se si vuole sopravvivere, soprattutto a inizio attività, quando i debiti non fanno dormire la notte e non si può fare troppo gli schizzinosi. La speranza è che poi il cliente si accorga della differenza nel lungo periodo e abbandoni i preconcetti imposti dalle multinazionali per apprezzare la qualità e la varietà delle birre artigianali.

Come chiara, dal mio punto di vista, l’idea migliore è disporre di una pils. Tipopils, Via Emilia o Magut, se si vuole rimanere in Italia. In alternativa funziona altrettanto bene la helles (tipo la Montestella) o la kolsch (e ovviamente mi riferisco alla Rodersch). Golden ale come la Wabi o la Sunflower, blond ale come la Zest e belgian ale come la Blond di Extraomnes sono un po’ troppo particolari (per via dei luppoli o dei lieviti utilizzati) per essere apprezzate da clienti poco abituati a certi aromi. Quindi meglio non spaventarli e cominciare con qualcosa di più classico.

Per quanto riguarda le ambrate rimarrei sulle bock, dato che il “bevitore di rosse” sembra pronto ai sentori di caramello e non alle luppolature invadenti. Di esempi sullo stile, italiani e tedeschi, ce ne sono a bizzeffe. Giusto per fare due nomi cito la Bibock dei Birrificio Italiano e la Lambrate del birrificio omonimo.

Chi cerca birre più corpose a mio avviso dovrebbe essere indirizzato verso gli stili belgi. Purtroppo coloro i quali richiedono una “doppio malto” si aspettano quel tipo di benzina che risponde al nome di Tennent’s super e, almeno in Italia, non viene prodotto nulla di artigianale che si avvicini allo stile di quella schifezza. Motivo per cui la scelta più assennata è fargli assaggiare le corpose tripel (tipo quella di Extraomnes, la Winterlude o la Triplexxx) o delle beglian strong golden ale (Sant’Ambroes).

Una weiss, una stout e una rossa doppio malto

Esistono dei clienti che riescono a bere solo determinati stili leggermente meno universali rispetto ai precedenti tre, ma che si ritrovano comunque facilmente in ormai tutti i pub.

Per quanto riguarda le weiss (cioè le birre di grano bavaresi, dette anche “weizen”) spesso è richiesta quella più simile alle celebri monacesi Franziskaner Hefe-Weissbier e Paulaner Hefe-Weissbier. Di italiane degne di nota c’è la Weizen di Manerba, la pluripremiata Brass Weiss e la B.I. Weizen.

I fan della Guinness bevono solo le scure stout e porter. In Italia se ne producono molte di ottima fattura: mi vengono in mente la Nubia, la Confine, la Sally Brown e la Pecora Nera.

Per i bevitori della “Rossa doppio malto” meglio non farsi troppi patemi d’animo scervellandosi alla ricerca della birra che potrebbe più piacergli. Basta che sia ambrata e molto alcolica. Rebelde e Porpora vanno bene (forse anche troppo…).

Blanche, Pale Ale e Ipa

Può capitare qualche fan del Belgio, o qualche ragazza abituata a bere in pub più forniti della media, che chieda una “birra bianca”, riferendosi a qualcosa di simile alla Hoegaarden. Le blanche hanno anche un buon successo, soprattutto d’estate, tra quelli che cercano una birra chiara e non amara. L’Ambrosia è di quelle fatte bene, così come la Seta, la Milla e la Laetita.

Molti di quelli appena tornati da Londra, o che comunque hanno speso parte della loro vita nel Regno Unito vi chiederanno timidamente se disponete di una pale ale. Potrete fare un figurone se ne terrete una a pompa. Backdoor bitter e ArtigianAle sono un must. Nel caso, potete anche attaccare una american pale ale (tipo la Ligera o la AFO), ma probabilmente sposterete il picco di gradimento più verso gli amanti degli Usa, a discapito dei nostalgici della Gran Bretagna.

Infine, c’è da tenere conto dell’ultima tendenza, che vede aumentare il numero dei luppolodipendenti. Questi sono sempre alla ricerca della I.P.A. più amara e profumata. Spesso, in realtà, non vogliono la versione classica dello stile, ma preferiscono le american I.P.A., con luppoli americani e con grado alcolico più elevato. Con la Spaceman, la Skizoid, la Zona Cesarini o la Pink accontenterete anche i più esigenti.

Tirando le somme, stiamo parlando di nove vie di cui tre dedicate a stili tedeschi (pils, bock e weiss), due al Belgio (tripel/belgian strong ale e blanche), tre alla realtà anglofona (stout/porter, pale ale, IPA) e una non ben definita (la “rossa doppio malto” può essere una doppelbock o una strong ale inglese, americana o belga). Ci si può accontentare, ma se volete fare gli esosi potreste anche destinare altre due o tre spine alle “chicche” da presentare a rotazione. Con una varietà del genere non esiste possibilità che il cliente possa lamentarsi dell’offerta. Ma se si presenta comunque uno scassacazzo pronto a criticare avete tutti i motivi per cacciarlo a calci 😀

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